Cresce il numero di chi utilizza più strumenti per comunicare con i colleghi. Ma quasi uno su due non riesce a finire un lavoro per colpa delle interruzioni. La posta elettronica lo strumento più utilizzato negli uffici. Sono però i dipendenti che dialogano con i colleghi con l’IM a cavarsela meglio. I risultati di una ricerca Usa. SONDAGGIO: e tu cosa usi e preferisci?. TABELLA: alla ricerca del tempo perduto
Quando si sta in ufficio non tutte le interruzioni sono uguali. Alcune ci allontanano dalla concentrazione e ci rallentano in quell’impresa quotidiana che è completare un compito. Altre invece ci permettono di raccogliere le giuste informazioni, di scambiare un’opinione al volo e di aggiustare le cose proprio al momento giusto. Il problema è che è difficile sapere in anticipo se l’interruzione sarà proficua o inutile. Per gli esperti di organizzazione e comunicazione aziendale però, quando si sta tra le pareti di un ufficio, una certezza c’è. Per parlare con i colleghi, e non solo, se si vuole rimanere produttivi, è meglio usare l’Instant Messenger che l’email.
A sfatare il luogo comune che l’IM, con tutti i suoi pop-up e quei rumorini, sia l’ennesimo contributo al crescente numero delle interruzioni distruttive, così come si dimostra essere l’email, è un recente studio realizzato negli Stati Uniti, pubblicato sul Journal of Computer Mediated Communication. La ricerca ha analizzato l’utilizzo dei diversi strumenti di comunicazione negli uffici di circa un migliaio di dipendenti che se la devono sbrigare quotidianamente con il computer.
Quasi un lavoratore su due coinvolto dall’indagine ha detto di non riuscire a completare un lavoro per colpa di interruzioni indesiderate, ma la percentuale scende significativamente per chi utilizza l’IM. L’instant messanging, secondo le analisi degli autori, non “produce un sostanziale incremento” del tempo complessivamente impiegato a comunicare con i colleghi durante la giornata lavorativa. In qualche modo, dicono gli autori, è come se gli utenti dell’Im abbiano trovato il modo più intelligente per usarlo più di quanto non sia riuscito a quelli della posta elettronica. Utilizzare l’IM insomma promuove più frequenti comunicazioni e riduce le interruzioni.
Se si confrontano i dipendenti che usano l’IM con quelli che non lo usano, si scopre che chi si serve dell’IM utilizza il computer più spesso degli altri (il 72% contro il 62%) per parlare con i colleghi. Così come pure accade con i clienti (il 44 per cento rispetto al 34 per cento). La più rapida modalità di comunicazione, d’altronde, permette di sapere quando il collega è disponibile, di dare e ricevere brevi risposte o chiarimenti sui alcuni di dettagli e dà modo di evitare lunghe discussioni. In questo contesto, anche i contatti per ragioni private non andrebbero viste come pause che “consumano tempo” perché, con l’IM, tutto può avvenire anche con un semplice saluto mentre, dicono gli autori, una conversazione telefonica privata tende a distrarre in maniera più significativa e duratura.
Il problema degli strumenti di comunicazione sul lavoro e le interruzioni è al centro delle preoccupazioni di molte realtà aziendali. Per colpa di interruzioni non necessarie, dice uno studio, verrebbe dissipata, dalle sole aziende statunitensi, una vera e propria ricchezza che vale qualcosa come 650 miliardi di dollari l’anno. Così, alcune delle più grandi imprese attive nel settore delle nuove tecnologie (Microsoft, Intel, Google e Ibm) sono arrivate al punto di unirsi per valutare soluzioni per evitare l’uso distorto e improduttovo di questi strumenti (leggi qui). Preoccupazione lecita anche perché è sempre più elevato il numero degli “iperconnessi”. Oggi, secondo un recente studio di Idc che ha coinvolto più di duemila lavoratori in diciassette nazioni, il 16 per cento dei dipendenti utilizzano almeno sette strumenti e nove applicazioni. A questi si devono aggiungere un altro 36 per cento, che utilizzano almeno quattro congegni e sei applicazioni.
In questi ultimi anni le possibilità di entrare in contatto con colleghi, collaboratori e superiori, sono cresciute esponenzialmente. Di fatto però non sempre questo scambio avviene secondo un processo logico di priorità e necessità e la gran parte dei lavoratori trova molto difficile determinare quando è necessario o meno rispondere agli innumerevoli messaggi che gli arrivano. Poi, a determinare gli effetti netti delle tante comunicazioni, ci sono anche elementi come la percenzione che di essi hanno chi inizia e chi riceve la comunicazione, lo status aziendale dei due conversatori, l’affinità che corre tra i due, la reciprocità e la cultura organizzativa.
E, così, se è vero che negli uffici si è sempre più collegati e sempre più interrotti, se è vero che le stesse meraviglie che rendono più veloce il nostro lavoro e favoriscono un sempre più rapido scambio di informazioni, sono le stesse che, per un moderno paradosso tecnologico, minano alla nostra concentrazione e al completamento di un lavoro, è altrettanto vero che spetta soprattutto alla perizia di ciascuno di trovare il modo, il momento e lo strumento migliore per dire e chiedere quello che c’è da chiedere.