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Archive for the ‘Hobby’ Category

LONDRA – Gli Archivi nazionali britannici hanno pubblicato online nuovi elenchi di avvistamenti Ufo avvenuti tra il 1986 e il 1992. È la seconda volta quest’anno che vengono diffusi gli elenchi di avvistamenti i Oggetti volanti non identificati e altri ne sono stati pubblicati negli scorsi anni.

AVVISTAMENTI – Nell’elenco figura anche l’avvistamento avvenuto nell’aprile 1991 di un oggetto simile a un missile da parte di un pilota di un volo Alitalia Milano-Londra. Nei primi sette mesi del 2008, le autorità britanniche hanno ricevuto almeno 150 segnalazioni di Ufo. Tra gli altri dati resi disponibili in questa occasione, l’ordine dato a due caccia americani nel maggio 1957 di abbattere un Ufo sopra i cieli britannici. Ma appena prima lo sparo di una serie di 24 missili, l’oggetto scomparve e ai piloti venne ordinato di non farne mai menzione. L’episodio avvenne in piena guerra fredda in un anno in cui la tensione tra Nato e Unione sovietica era molto alta.video

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Cresce il numero di chi utilizza più strumenti per comunicare con i colleghi. Ma quasi uno su due non riesce a finire un lavoro per colpa delle interruzioni. La posta elettronica lo strumento più utilizzato negli uffici. Sono però i dipendenti che dialogano con i colleghi con l’IM a cavarsela meglio. I risultati di una ricerca Usa. SONDAGGIO: e tu cosa usi e preferisci?. TABELLA: alla ricerca del tempo perduto

Quando si sta in ufficio non tutte le interruzioni sono uguali. Alcune ci allontanano dalla concentrazione e ci rallentano in quell’impresa quotidiana che è completare un compito. Altre invece ci permettono di raccogliere le giuste informazioni, di scambiare un’opinione al volo e di aggiustare le cose proprio al momento giusto. Il problema è che è difficile sapere in anticipo se l’interruzione sarà proficua o inutile. Per gli esperti di organizzazione e comunicazione aziendale però, quando si sta tra le pareti di un ufficio, una certezza c’è. Per parlare con i colleghi, e non solo, se si vuole rimanere produttivi, è meglio usare l’Instant Messenger che l’email.

A sfatare il luogo comune che l’IM, con tutti i suoi pop-up e quei rumorini, sia l’ennesimo contributo al crescente numero delle interruzioni distruttive, così come si dimostra essere l’email, è un recente studio realizzato negli Stati Uniti, pubblicato sul Journal of Computer Mediated Communication. La ricerca ha analizzato l’utilizzo dei diversi strumenti di comunicazione negli uffici di circa un migliaio di dipendenti che se la devono sbrigare quotidianamente con il computer.

Quasi un lavoratore su due coinvolto dall’indagine ha detto di non riuscire a completare un lavoro per colpa di interruzioni indesiderate, ma la percentuale scende significativamente per chi utilizza l’IM. L’instant messanging, secondo le analisi degli autori, non “produce un sostanziale incremento” del tempo complessivamente impiegato a comunicare con i colleghi durante la giornata lavorativa. In qualche modo, dicono gli autori, è come se gli utenti dell’Im abbiano trovato il modo più intelligente per usarlo più di quanto non sia riuscito a quelli della posta elettronica. Utilizzare l’IM insomma promuove più frequenti comunicazioni e riduce le interruzioni.

Se si confrontano i dipendenti che usano l’IM con quelli che non lo usano, si scopre che chi si serve dell’IM utilizza il computer più spesso degli altri (il 72% contro il 62%) per parlare con i colleghi. Così come pure accade con i clienti (il 44 per cento rispetto al 34 per cento). La più rapida modalità di comunicazione, d’altronde, permette di sapere quando il collega è disponibile, di dare e ricevere brevi risposte o chiarimenti sui alcuni di dettagli e dà modo di evitare lunghe discussioni. In questo contesto, anche i contatti per ragioni private non andrebbero viste come pause che “consumano tempo” perché, con l’IM, tutto può avvenire anche con un semplice saluto mentre, dicono gli autori, una conversazione telefonica privata tende a distrarre in maniera più significativa e duratura.

Il problema degli strumenti di comunicazione sul lavoro e le interruzioni è al centro delle preoccupazioni di molte realtà aziendali. Per colpa di interruzioni non necessarie, dice uno studio, verrebbe dissipata, dalle sole aziende statunitensi, una vera e propria ricchezza che vale qualcosa come 650 miliardi di dollari l’anno. Così, alcune delle più grandi imprese attive nel settore delle nuove tecnologie (Microsoft, Intel, Google e Ibm) sono arrivate al punto di unirsi per valutare soluzioni per evitare l’uso distorto e improduttovo di questi strumenti (leggi qui). Preoccupazione lecita anche perché è sempre più elevato il numero degli “iperconnessi”. Oggi, secondo un recente studio di Idc che ha coinvolto più di duemila lavoratori in diciassette nazioni, il 16 per cento dei dipendenti utilizzano almeno sette strumenti e nove applicazioni. A questi si devono aggiungere un altro 36 per cento, che utilizzano almeno quattro congegni e sei applicazioni.

In questi ultimi anni le possibilità di entrare in contatto con colleghi, collaboratori e superiori, sono cresciute esponenzialmente. Di fatto però non sempre questo scambio avviene secondo un processo logico di priorità e necessità e la gran parte dei lavoratori trova molto difficile determinare quando è necessario o meno rispondere agli innumerevoli messaggi che gli arrivano. Poi, a determinare gli effetti netti delle tante comunicazioni, ci sono anche elementi come la percenzione che di essi hanno chi inizia e chi riceve la comunicazione, lo status aziendale dei due conversatori, l’affinità che corre tra i due, la reciprocità e la cultura organizzativa.

E, così, se è vero che negli uffici si è sempre più collegati e sempre più interrotti, se è vero che le stesse meraviglie che rendono più veloce il nostro lavoro e favoriscono un sempre più rapido scambio di informazioni, sono le stesse che, per un moderno paradosso tecnologico, minano alla nostra concentrazione e al completamento di un lavoro, è altrettanto vero che spetta soprattutto alla perizia di ciascuno di trovare il modo, il momento e lo strumento migliore per dire e chiedere quello che c’è da chiedere.

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le immagini arrivano dalla sonda Mars Express

È un bacino profondo otto chilometri, senza sbocchi e con una montagna in mezzo alta 7.000 metri

È un bacino profondo otto chilometri, senza sbocchi e con una gigantesca montagna in mezzo. L’Agenzia spaziale europea (Esa) ha diffuso alcune spettacolari immagini del Grand Canyon di Marte, provenienti dalle ultime osservazioni della sonda Mars Express. Un tempo in quest’area ci sarebbe stata dell’acqua, sostengono gli scienziati.

 

 

IMMAGINI – Da 300 chilometri d’altitudine la sonda spaziale europea Mars Express ha inviato in questi giorni alcune splendide immagini dell’equatore di Marte, realizzate con la fotocamera stereo ad alta risoluzione Hrsc dell’agenzia spaziale tedesca (Dlr). Hebes Chasma, nella parte più a nord della Valles Marineris, si estende per oltre 3 mila km, e fa parte del sistema di canyon conosciuto come «Grand Canyon di Marte».

MONTAGNA ALTA 7 MILA METRI – Nel centro di Hebes Chasma si trova una montagna alta più di 7 mila metri, la cui caratteristica principale sono strati di roccia sovrapposti. Per i ricercatori dell’agenzia spaziale tedesca e dell’Esa, in questa valle chiusa ci sarebbe stata la presenza di acqua nel passato. Con uno speciale spettrometro è stata dimostrata infatti la presenza di solfati idrati, come per esempio gesso o kieserite. Le rocce possono essersi originate da minerali precipitati da una soluzione sul fondo di un lago salato o un mare, dicono gli scienziati.

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Grande come un pompelmo, ancora oggi gira intorno alla Terra

Il 17 marzo 1958 partiva il Vanguard 1. Grazie a lui si riuscì a stabilire la forma a pera del nostro pianeta

Il più vecchio satellite ancora in orbita intorno alla Terra compie 50 anni. Il 17 marzo 1958, infatti, veniva lanciato il Vanguard 1, il secondo satellite Usa e il quarto della storia spaziale dopo i sovietici Sputnik 1 e 2. Ma di questi, il Vanguard 1 è l’unico a girare ancora intorno al pianeta.

PICCOLO – Il Vanguard 1 pesa poco meno di un chilo e mezzo, antenne escluse ha un diametro di 15,2 cm: come un pallone da calcio sgonfio. Tanto che l’allora premier sovietico Nikita Kruscev disse che si trattava di «un satellite-pompelmo» nei confronti dei ben più grandi Sputnik. Però il Vanguard 1 aveva un vantaggio rispetto ai suoi predecessori: l’energia era fornita dai pannelli solari, che diventeranno fondamentali per tutte le successive missioni spaziali.

VITA LUNGA – Il satellite smise di trasmettere dati alla Nasa nel maggio 1964, ma è stato utilissimo anche dopo. Ancora oggi viene infatti utilizzato dagli astronomi per misurare con esattezza gli effetti di Sole, Luna e atmosfera terrestre sulla sua orbita e, grazie alla sua precisione, è stato impiegato per sperimentare un sistema di sorveglianza per satelliti spia. Inoltre è servito per confermare che la Terra non ha forma sferica, ma sembra una pera un po’ schiacciata ai poli. Il Vanguard 1 avrà vita lunga: i tecnici avevano predetto una durata di duemila anni in orbita, ma dopo studi accurati hanno abbassato il periodo a circa 240 anni. Il satellite ha già effettuato 197 mila orbite intorno alla Terra, e ogni due ore, dodici minuti e 48 secondi ne aggiunge un’altra.

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Un paio d’anni fa gli studiosi hanno stabilito l’età dell’Universo: 13,7 miliardi di anni

L’Universo 380.000 anni dopo il Big Bang

Sull’origine e i primi passi dell’Universo sono stati posti tre punti fermi che chiariscono un dibattito fin qui incerto. Il risultato è frutto di cinque anni di osservazioni del satellite WMAP (Wilkinson Microwave Anisotropy Probe) della Nasa il quale, compiendo un balzo ulteriore rispetto al predecessore satellite Cobe, valutava le differenze di temperatura del cosmo quando aveva appena 380 mila anni. Tali fluttuazioni misurate con le microonde rivelano una media di 2,725 gradi Kelvin (zero assoluto), cioè -270 gradi centigradi e "fotografano" ciò che stava nascendo. Già un paio d’anni fa l’osservatorio orbitale aveva permesso di stabilire con precisione l’età dell’Universo: 13,7 miliardi di anni e certificava l’esistenza dell’energia oscura. Allora si dava conto anche di altri aspetti fondamentali, ma era l’inizio del lavoro che ora, completato, rivela elementi nuovi.

PRIMO RISULTATO – Il primo risultato fornisce la prova che un mare di neutrini permeava l’universo. Quello che era stato chiamato "cosmic neutrino background", cioè il fondo cosmico di neutrini, esiste davvero e in origine era molto più consistente rispetto ad oggi rappresentando il 10 per cento. Il rimanente era costituito dal 12 per cento di atomi, 63 per cento dalla materia oscura e il 15 per cento dai fotoni, mentre l’energia oscura era trascurabile. Il giovanissimo universo caldo e denso era un reattore che produceva elio e le teorie di questo processo prevedevano anche una quantità di neutrini che ora è stata confermata. Dopo l’evoluzione, oggi la situazione è ben diversa e i neutrini presenti rappresentano solo l’1 per cento. Sono inoltre diminuiti gli atomi (4,6 per cento e questo è l’universo visibile) ai quali si aggiunge una materia oscura più consistente (23 per cento) mentre ha fatto l’ingresso sulla scena in epoche recenti l’energia oscura che arriva addirittura al 72 per cento.
SECONDO RISULTATO – Il secondo punto del bilancio di WMAP riguarda la prova che le prime stelle hanno iniziato a formarsi quando l’universo aveva da poco compiuto il mezzo miliardo di anni. «In passato si riteneva che ciò fosse accaduto allo scadere del miliardo di anni d’età – dice Paolo De Bernardis che ha studiato l’argomento in Antartide con dei palloni d’alta quota -. Ora la misura si è dimezzata ed è un dato importante». Il momento è fatidico perché è allora che l’universo esce dall’epoca buia.
TERZO RISULTATO – Il terzo punto, infine, precisa quel fenomeno chiamato "inflazione" e che spiega come nella prima frazione di secondo l’universo si sia rapidamente espanso e raffreddato. «Tante versioni della teoria dell’inflazione sono state finalmente eliminate – nota Charles Bennett della Johns Hopkins University di Baltimora – grazie ai dati solidi di cui ora disponiamo». «Il bilancio è interessante ma non conclusivo – nota De Bernardis – La conferma ad esempio della nucleosintesi nelle prime epoche è di grande valore perché è la stessa che conosciamo oggi e che governa le reazioni nucleari. Ma il passo ulteriore si compirà con il satellite Planck che l’agenzia spaziale europea ESA lancerà prima della fine dell’anno. Allora aspettiamoci altre, straordinarie scoperte sulle nostre origini».

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La scoperta dalle immagini della sonda Cassini. Ci aiuterà a capire di più sulle origini del sistema solare

La seconda luna di Saturno per dimensioni, Rea, potrebbe avere un piccolo anello attorno a sè: si tratta della prima volta che si scopre una luna con un anello, secondo quanto riferito da un team di ricercatori.

LE ORIGINI – La scoperta – che arriva dalla sonda Cassini e pubblicata dal giornale Science – aiuterà gli scienziati a capire come si formano i pianeti, spiega Geraint Jones, che ha lavorato allo studio al Max Planck Institute in Germania. I quattro più grandi pianeti nel sistema solare – Giove, Nettuno, Saturno e Uranio – hanno tutti anelli e anche la Terra ne ha probabilmente avuto uno miliardi di anni fa, prima dell’esistenza della sua luna, ha spiegato Jones in una intervista telefonica. «Tutti i pianeti quando si formano hanno probabilmente degli anelli – ha aggiunto -. E’ affascinante scoprirne uno intorno ad un corpo piccolo come Rea, che è ancora con noi oggi».

CERCANDO L’ACQUA – La sonda Cassini è stata lanciata nel 1997 per esaminare Saturno. Lo scorso mese, gli scienziati hanno detto che le prove derivanti dalla missione Ue-Usa puntano alla presenza di acqua sotto la superficie ghiacciata di un’altra luna di Saturno, Enceladus. Rea si trova entro una bolla magnetizzata che circonda Saturno e contiene ioni ed elettroni che probabilmente hanno intrappolato una serie di detriti di un piccolo corpo andato a schiantarsi contro la luna stessa.

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Domenica il lancio della navicella tutta europea

Porterà rifornimenti alla stazione orbitante. Carica di immondizia, si disintegrerà sopra l’Oceano Pacifico

KOUROU (Guyana Francese) — Domenica mattina, poco prima dell’alba in Europa, dalla base spaziale nella Guyana francese ai bordi della foresta amazzonica volerà in orbita la più complicata e più grande astronave automatica mai costruita (Guarda la scheda). Frutto di un piano dell’agenzia europea Esa, il cargo cosmico delle dimensioni di un autobus a due piani, è destinato a garantire i rifornimenti della Stazione Spaziale Internazionale che ruota intorno alla Terra a 400 chilometri d’altezza. Lo hanno battezzato Jules Verne e infatti c’è molta fantascienza nel viaggio e nelle attività del nuovo veicolo robotizzato. Dopo essersi liberato dal lanciatore Ariane-5 che lo trasporta oltre l’atmosfera, con i suoi sensori troverà la giusta posizione tra le stelle e autoguidandosi con il Gps andrà alla ricerca della Stazione. ■ Guarda l’animazione

Una volta individuata lancerà raggi laser per calibrare l’avvicinamento e arrivare all’aggancio con la precisione di un centimetro e mezzo; il tutto mentre Verne ela stazione corrono alla velocità di 27 mila chilometri orari. Poi rimarrà unito alla base orbitale per sei mesi e intanto gli astronauti trasferiranno le quasi otto tonnellate di rifornimenti portate da terra: ci sono propellenti, ossigeno, acqua, cibo e strumentazione scientifica. Ma durante la permanenza Verne dovrà compiere un’operazione importante per la sopravvivenza della stessa Stazione. Questa, infatti, rallenta progressivamente per l’attrito causato dalle rare molecole presenti anche a quella quota e quindi si abbassa. Se in qualche modo non venisse rialzata finirebbe per cadere nell’atmosfera. Verne, quindi, accenderà i suoi quattro motori e la riporterà nella posizione voluta. Terminato il soggiorno, il cargo spaziale sarà riempito dell’immondizia accumulata sulla Stazione e poi si sgancerà andando a disintegrarsi nell’atmosfera sopra l’Oceano Pacifico per non creare problemi. Costruire Verne è stata un’impresa di altissima ingegneria in vari campi, dai materiali all’elettronica, che in Europa ha coinvolto 1600 tecnici e ingegneri di una trentina di società guidate da Eads-Astrium.

«In Italia abbiamo realizzato tutta la sua struttura — precisa Alberto Penazzi, amministratore delegato di Thales Alenia Space —. Oltre il Verne fabbricheremo sei veicoli che garantiranno i collegamenti fino al 2014 impegnando oltre un centinaio di tecnici altamente specializzati ». Altre società italiane (Elsag Datamat, Dataspazio e Selex Galileo) hanno invece contribuito per l’elettronica e i sensori. All’astronave automatica dell’Esa (costata 1,2 miliardi di euro) è legato l’utilizzo della Stazione soprattutto dal 2010 quando lo shuttle della Nasa smetterà di volare. Allora soltanto Verne soddisfarà le necessità dei rifornimenti necessari alla vita e al lavoro sulla base mentre gli astronauti per arrivarci e tornare dovranno far ricorso alle piccole navicelle russe Soyuz. Un ulteriore aiuto arriverà dalla altrettanto piccola navicella — sempre russa— Progress capace però di trasportare carichi tre volte inferiori a Verne. Ma il nuovo veicolo europeo è solo un punto di partenza. Gli ingegneri dell’Esa stanno già studiando delle versioni con capsula recuperabile che in prospettiva potrà accogliere gli astronauti.

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Gli scienziati: scoperta inattesa, ora cerchiamo di capire le cause dello smottamento
Polvere e detriti sul pianeta rosso: la foto scattata da una sonda Usa nella zona del polo nord marziano

Questo sì è uno scatto fortunato: esattamente quando una sonda americana stava scrutando le rocce nella regione a nord di Marte si è staccata una valanga di ghiaccio e pietre. Il raro fenomeno naturale è stato documentato per la prima volta «live» .

POLVERE E DETRITI – Per anni le sonde spaziali hanno fotografato il pianeta rosso. Tuttavia, non c’è mai stato grande movimento sulla sua superficie. L’immagine, ripresa il mese scorso e resa pubblica quest’oggi dagli scienziati della Nasa, mostra almeno quattro valanghe che precipitano da uno strapiombo su una collina 700 metri più in basso. La valanga ha sollevato spesse nuvole di polvere e detriti, alcune delle quali larghe ben 180 metri.

SCOPERTA INATTESA – Lo spettacolare scatto, pubblicato a colori falsificati, è stato effettuato dalla sonda Mars Reconnaissance Orbiter nel corso di una sequenza di routine sui cambiamenti climatici stagionali due settimana fa a 84 gradi Nord, ovvero nelle vicinanze del Polo Nord marziano. «Stavamo esaminando i cambiamenti climatici della primavera nella calotta ghiacciata di anidride carbonica che copre una zona di dune e scoprire queste valanghe è stata una cosa totalmente inattesa», ha detto Candice Hansen, scienziata del Nasa Jet Propulsion Laboratory (JPL) di Pasadena. I ricercatori vogliono ora scoprire i processo che ha causato questo incredibile smottamento.

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Le «invenzioni per lo spazio» che hanno cambiato i nostri gesti quotidiani
Quanto c’è della tecnologia dell’ente spaziale americano nella nostra vita di tutti i giorni

MILANO – Cosa c’entra la Nasa con la nostra vita di tutti i giorni? Qualcosa c’entra. Alcuni strumenti che usiamo nella quotidianità sono stati sviluppati proprio dall’ente spaziale americano, come per esempio la racchetta da tennis (non più di legno) o il termometro da orecchio a infrarossi.

MIGLIORI INVENZIONI – Ognuno di noi sfrutta la sua tecnologia più di quanto crede. Non è strano trovare le invenzioni per lo spazio proprio dentro casa: in cucina, in salotto, in camera da letto e persino nella stanza da bagno. Per mostrare i suoi prodotti di successo la Nasa ha aggiunto sul suo sito web una sezione interattiva dedicata alle migliori invenzioni, chiamandola Nasa Home and City. L’accesso è possibile anche dalla home page del sito attraverso il pulsante multimedia. Per dare maggiore effetto all’esposizione è stata adottata un’animazione grafica in 3D, simile a quella dei moderni cartoon computerizzati o a quella di Second Life. Entrando nell’area appaiono in sequenza frasi come «Lo spazio esiste nelle tue scarpe», «Lo spazio esiste nella tua racchetta da tennis». E poi, nel cibo per bambini, nel frigorifero e in ogni cosa che vedi. Animazione-Guarda la casa

BAGNO – Cliccando sulla casa, l’ambiente che appare in primo piano è il bagno. Tra gli oggetti «made in Nasa» ci sono il termometro da orecchio ad infrarossi (dà la temperatura in due secondi), il dentifricio ingeribile (adatto per i bambini e le persone con paralisi facciali), i cosmetici, leghe di metallo con memoria (i rubinetti cambiano colore con la temperatura), i water con trattamento ecologico degli scarichi, le finiture di ottone (inattaccabili da abrasivi e prodotti chimici), i sistemi per depurare acqua con gli ioni, le superfici isolanti che riflettono.

CUCINA – Facendo un giro nella cucina invece troviamo: gli alimenti per bambini (arricchiti di nutrienti), i sistemi di depurazione dell’acqua corrente, la miniaspirapolvere portatile elettrica, il frigorifero-forno collegato a internet, i contenitori per conservare il cibo in frigo (un esempio le vaschette delle lasagne pronte che troviamo al supermercato), i pannelli per l’energia solare.

CAMERA DA LETTO – Vari gli oggetti che compongono la camera da letto: dalle scarpe da tennis al pc con software avanzati, dalle lampadine per la scrivania agli attrezzi di metallo, come racchette e mazze da golf. E ancora: l’equipaggiamento per lo sport, il cuscino con forma anatomica, l’abbigliamento cucito con tessuti tecnologici.

SALOTTO – Gli accessori posizionati in salotto sono: una chitarra che rappresenta tutti gli strumenti musicali perfezionati con i nuovi materiali Nasa, il dispositivo ai raggi X portatile, i sistemi di purificazione dell’aria, l’auricolare wireless, gli occhiali da sole anti-graffio e la pittura isolante per le pareti. Ogni elemento dell’ambiente, casalingo o di lavoro, è corredato di dettagli e descrizioni tecniche a cui è possibile accedere attraverso altri collegamenti.

LA CITTA’ – Per quanto riguarda la «City» ci sono alcune invenzioni molto utili, come il rivelatore di fumo, i materiali che hanno migliorato la sicurezza di aerei e mezzi di trasporto, le leghe per gli arti artificiali alla Pistorius, pneumatici per auto, i crash-test di sicurezza e molto altro ancora. Si spazia dai prodotti industriali alle apparecchiature mediche, passando per le innovazioni che garantiscono maggiore sicurezza sul lavoro. Ogni oggetto è anche rappresentato da una figura che aiuta a capire di cosa si tratta. La presentazione che mette in mostra la bravura dell’ente spaziale potrebbe servire a raccogliere ulteriori finanziamenti. E magari è stata pensata proprio per questo scopo. Ma ad autopromuoversi non c’è niente di male.

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