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La Francia sposa la linea dura: provvedimento mirato per far pagare agli ‘Over the top’ il traffico generato

Google Tax

La “tassa Google’, la cui applicazione in Francia è stata rinviata su richiesta del governo, sarà ridefinita entro l’estate. Lo ha dichiarato Eric Besson, Ministro francese per l’Economia digitale, informando che Il governo ha ottenuto una proroga di sei mesi che consentirà una concertazione con i player di internet e la proposta di un provvedimento più adeguato

approfondimento:

il 22/11/2010 il Senato francese aveva votato la ‘famosa’ tassa sulla pubblicità online, già battezzata ‘Google Tax‘, una misura avanzata dalla Commissione Zelnik, incaricata dal governo di redigere un rapporto per migliorare l’offerta di beni culturali online e trovare formule più efficaci di retribuzione per chi produce contenuti.

La tassa, doveva scattare solo per quei siti che hanno un elevato numero di utenti, come, appunto, Google, ma anche Facebook, Microsoft e Yahoo, in modo da non pregiudicare le piccole iniziative del web. 

Questa tassa, si inscrive nella roadmap tracciata dalla commissione finanze per tassare la pubblicità su internet e potrebbe portare nelle casse dello Stato tra i 10 e i 20 milioni di euro all’anno, secondo il Rapporto Zelnik. Denaro che servirà a finanziare iniziative culturali e nuovi soluzioni a favore di un’offerta legale di musica e film sul web e a sostenere la battaglia contro la pirateria.

 La proposta è sostenuta dal presidente Nicolas Sarkozy, che ha già approvato alcune proposte avanzate dalla Commissione Zelnik, istituita lo scorso settembre dal ministro della Cultura, Frédéric Mitterrand, per migliorare l’offerta legale di musica e film su Internet ma anche trovare una soluzione per remunerare gli artisti.

“La tassa sulla pubblicità internet è la sola soluzione, tenendo conto che i principali rivenditori di spazi pubblicitari online, come Google, hanno sede al di fuori della Francia”, ha sottolineato il relatore della proposta  Philippe Marini.

 Google, naturalmente, ha già protestato contro l’eventualità di introdurre questo nuovo balzello: per Olivier Esper, direttore degli affari pubblici di Google France, bisognerebbe infatti privilegiare “soluzioni innovative a una logica della tassazione” che risponda a sua volta a una “logica di contrasto tra il mondo di internet e quello della cultura”.

Sulla stessa linea la reazione dell’ASIC, l’associazione dei player Web 2.0, che ha messo in luce i rischi dell’approvazione di una simile imposta: “Mentre la pubblicità rappresenta circa il 20% dei profitti delle piattaforme di eCommerce, essa rappresenta, per la stragrande maggioranza degli attori del web 2.0, dal 90 al 100% del fatturato…bisogna ricordare – sottolinea ASICche quasi tutti i modelli di business del web 2.0 hanno bisogno di almento 4-5 anni per diventare redditizi. Tassare delle start up – conclude l’associazione – significa rimandare di mesi e forse anche di anni il raggiungimento del punto di equilibrio finanziario. Eventualità che non è mai occorsa in nessun altro paese industrializzato”.

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